Deposito ed abbandono di rifiuti: differenze

Cassazione civile, sez. III, 22 novembre 2013, n. 46711

La nozione di deposito di rifiuti, anche solo temporaneo, implica, a differenza di quella dell’abbandono, ed in virtù della sua finalizzazione ad una gestione degli stessi, una attività connotata necessariamente da un controllo a che la collocazione avvenga inizialmente e poi permanga, nell’arco temporale richiesto, secondo le modalità di legge.
A norma dell’art. 183, lett. bb) n. 3 del d.lgs. 152/2006 (Testo unico dell’ambiente) il “deposito temporaneo” – ovvero il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti – deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute.
Nel caso di deposito non è sostenibile che, una volta collocato il materiale sia possibile disinteressarsi della sorte del medesimo.
Se, del resto, il deposito prelude per legge all’avviamento del materiale alle operazioni di recupero e di smaltimento, è necessario che il requisito del raggruppamento per categorie omogenee sussista inizialmente e permanga sino a che detto smaltimento non intervenga, restando a carico di chi il deposito effettui curare che detto requisito venga costantemente rispettato, senza per questo addossare al “depositante” inadempienze altrui. Una diversa conclusione finirebbe per dar luogo ad una indebita assimilazione della figura del “deposito” a quella dell’“abbandono”.