Al reato di omesso versamento dell’assegno divorzile si applicano unicamente le pene previste dal primo comma dell’art. 570 c.p.

Cassazione penale, sez. unite, 31 maggio 2013, n. 23866

Secondo le sezioni unite penali l’art. 12-sexies della L. 1 dicembre 1970, n. 898 (introdotto dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 21) delinea una fattispecie di reato, nella parte precettiva, del tutto autonoma rispetto all’art. 570 c.p..
La condotta è così puntualmente definita “Al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli artt. 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall’art. 570 del codice penale”.
Deve ritenersi dunque un generico rinvio quoad poenam, all’art. 570 c.p. che, in mancanza di sicuri elementi testuali orientativi scaturenti dal testo legislativo, va riferito – in sintonia con il rapporto di proporzione e con il criterio di stretta necessità della sanzione penale – all’art. 570 c.p., comma 1, che costituisce l’opzione più favorevole all’imputato, ponendo in via alternativa tra loro la pena detentiva e la pena pecuniaria.
É stata inoltre rilevata la mancanza di identità contenutistica tra la fattispecie descritta nel secondo comma dell’art. 570 c.p. e quella prevista dall’art. 12 sexies legge 1 dicembre 1970, n. 898.
La fattispecie delittuosa descritta dal secondo comma dell’art. 570 c.p. non ha alcuna affinità con quella prevista dalla Legge sul Divorzio, che si riferisce unicamente al mancato versamento dell’assegno divorzile, poiché, diversamente da quest’ultima, presuppone lo stato di bisogno.
Il secondo comma dell’art. 570 c.p. prevede infatti che l’obbligato, a causa del suo comportamento omissivo, faccia mancare i mezzi di sussistenza al beneficiario, vale a dire, quei mezzi indispensabili alla vita dell’avente diritto.
In tal modo, quindi, circoscrive la condotta penalmente rilevante, rispetto alla violazione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile, le cui conseguenze hanno una portata certamente più ampia.
La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire che il reato di che trattasi è procedibile d’ufficio, rammentando che la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12 sexies, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., e tenuto conto che la procedibilità a querela di parte è sempre collegata alla tipologia e al contenuto del precetto ed è indipendente dalla gravità del reato.
In definitiva il rinvio che ha voluto il legislatore si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio e non anche all’art. 570 c.p., comma 3, il quale, in deroga al principio generale, prevede la procedibilità “a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti di minori, dal n. 2 del precedente comma”.

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